“Ho preso un granchio”, ma ci ho trovato me stesso Appuntamento
martedì 17 giugno all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano per la proiezione
della sitcom “Ho Preso un Granchio”, scritta e interpretata dai ragazzi del
Progetto Giovani. Verrà presentato anche il primo corso universitario italiano
dedicato all’oncologia degli adolescenti, coordinato dall’oncologo pediatra
Andrea Ferrari Milano, 16 giugno 2025 - Ragazzi senza capelli che recitano, si prendono in giro, ridono mentre
interpretano personaggi inventati da loro stessi. Raccontando in modo leggero
una realtà tremendamente seria. Lo sfondo è quello di un reparto di oncologia
pediatrica. Si chiama Ho preso un Granchio ed è una sitcom scritta, diretta e
interpretata dai ragazzi in cura all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. È un progetto artistico, certo. Ma è anche – e soprattutto – un atto di
coraggio, un’educazione sentimentale, un modo radicalmente nuovo di parlare di
malattia e adolescenza. “Quando hai il cancro, tutti ti parlano
sottovoce, come se non fossi più tu. Noi invece volevamo farlo sapere a tutti:
ci siamo ancora”, dice Teresa, 17 anni, che nella
sitcom interpreta la “problem solver”. Ci sono poi il latin lover, la sbadata,
l’aliena, l’influencer e così via, che danno vita a episodi pieni di gag
divertenti ma anche momenti di verità nuda e spiazzante. DOVE LA CURA INCONTRA LA SCENA La sitcom nasce dal Progetto Giovani, creato ormai 15 anni fa nella
Pediatria dell’Istituto Nazionale dei Tumori diretta dalla dottoressa Maura
Massimino. Ideato e coordinato dal professor Andrea Ferrari, oncologo
pediatra, il Progetto Giovani è diventato negli anni un modello unico,
riconosciuto a livello internazionale. Tanto che anche il progetto della sitcom
è già stato oggetto di una recente pubblicazione scientifica sulla prestigiosa
rivista americana Pediatric Blood and Cancer. “Prendersi cura di un adolescente –
spiega Ferrari – non significa solo somministrare farmaci. Significa
accompagnarlo mentre cerca di capire chi è, anche dentro l’esperienza
traumatica della malattia. La creatività e l’arte, in questo, possono essere
strumenti potentissimi, attraverso i quali i ragazzi si raccontano e ci aprono
il loro mondo interiore”. Dopo progetti incentrati sulla fotografia, la musica, la moda, è nata l’idea
di portare i ragazzi a scrivere e recitare una sitcom “vera”, costruita con
strumenti professionali e seguita da un team multitasking composto, oltre che
dal professor Ferrari, dall’educatore Matteo Silva, dalla psicologa Elena
Pagani e dalla fotografa Alice Patriccioli, che lavorano stabilmente nel
Progetto Giovani e, per la sitcom, dalla sceneggiatrice Federica Di Rosa e dal
regista Davide Stecconi. Le stanze dell’Istituto diventano set, i momenti
d’attesa si trasformano in tempo creativo. “Abbiamo provato a raccontare tutto
quello che di solito non si dice”, racconta Marco,
18 anni. “Mettendo in scena anche le cose più difficili, come la chemio o
come un’operazione, con una battuta”. Il titolo, Ho preso un granchio, allude ai fraintendimenti e alle “fregature”
della vita. Ma anche al cancro stesso, simbolicamente associato proprio al
granchio. “Abbiamo giocato con le parole per
esorcizzare la paura”, dice Chiara, 18 anni.
“Ma tutti insieme abbiamo anche imparato il valore della condivisione, il vedere
il lato positivo delle cose, il sentirsi davvero noi stessi”. Come conferma
Giorgia, 19 anni: “Il Progetto Giovani significa entrare in quella
stanza e non aver più bisogno di nulla”. I SETTE EPISODI La serie, realizzata grazie al supporto della Fondazione Bianca Garavaglia,
è composta da sette episodi di 5-6 minuti ciascuno, girati negli ambulatori
pediatrici dell’Istituto. Ogni puntata affronta un tema diverso: dall’arrivo di
una ragazza viziata che inizialmente disprezza il reparto, fino all’ansia della
raccolta del liquido seminale, passando per una festa a base di sushi
organizzata a sorpresa. In due episodi compaiono anche ospiti speciali come
Aldo, Giovanni e Giacomo. ·
Ep. 1 L’aliena – Una nuova ragazza un
po’ viziata viene ricoverata e pensa di essere in un albergo a 5 stelle. ·
Ep. 2 La scommessa – Due ragazzi
scommettono su chi conquisterà una ragazza, ma gli imprevisti clinici sono
dietro l’angolo. ·
Ep. 3 La raccolta – Un ragazzo con la
fobia degli aghi deve fare il prelievo per la crioconservazione del liquido
seminale, mentre i compagni lo sostengono, a modo loro. ·
Ep. 4 Il provino – Una ragazza
appassionata di recitazione deve affrontare la perdita dei capelli… e un
provino in cui spera da molto tempo. ·
Ep. 5 Biancaneve e i sette grammi –
Un’infermiera sbaglia la dose di morfina, scatenando un viaggio immaginario
nella giovane paziente. ·
Ep. 6 La festa proibita – Il gruppo di
pazienti organizza una festa a base di sushi, ma il senso del dovere di uno di
loro cambia il corso della serata. ·
Ep. 7 La gamba – Sei mesi dopo, durante
un controllo, un ragazzo deve cambiare protesi e riceve una notizia che
scatenerà esilaranti conseguenze. L’APPUNTAMENTO DEL 17 GIUGNO La prima stagione di Ho preso un Granchio (disponibile fino ad oggi sulla
piattaforma Infinity di Mediaset) sarà interamente proiettata per la prima
volta martedì 17 giugno nell’Aula “Gianni Bonadonna” dell’Istituto Nazionale
dei Tumori di Milano, in occasione dell’evento “Cercando la traiettoria giusta,
nella Terra di Mezzo”, dalle ore 17:00 alle 19.00. Ingresso gratuito, fino esaurimento posti. Saranno presenti i ragazzi, le
loro famiglie, medici, infermieri e amici del Progetto Giovani. “Sarà una proiezione vera, con le luci
in sala e i titoli di coda, con in più i ragazzi che racconteranno la loro
esperienza e le storie più divertenti del backstage – racconta il professor Andrea Ferrari –. Ogni storia che nasce qui
è degna di cura e bellezza. E questi ragazzi non sono solo pazienti: sono
autori. Sarà un po' una prima da red carpet”. Durante l’evento verrà presentato anche il primo Corso di Perfezionamento
Universitario in oncologia dell’adolescente e del giovane adulto, promosso dal
Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università Statale di Milano,
con la direzione scientifica del professor Gianluca Vago e la coordinazione di
Andrea Ferrari, in collaborazione con il dottor Fedro Peccatori dell’Istituto
Europeo di Oncologia, con cui Ferrari, sul tema, ha recentemente pubblicato per
PIEMME il libro “Nella terra di mezzo: storie di giovani malati di tumore”. “È un passo fondamentale – spiega Ferrari – per costruire una medicina che sappia davvero
prendersi cura dei ragazzi. Perché l’adolescente oncologico non è né un bambino
né un adulto. È un pianeta a parte, con un suo linguaggio, i suoi bisogni, i
suoi tempi. C’è la necessità di pensare a modelli di cura su misura e
protocolli specifici”. VOCI DALLA “TERRA DI MEZZO” Il nome dell’evento riprende questo concetto della “Terra di Mezzo”,
richiama questa condizione sospesa dell’adolescenza, che la malattia rende
ancora più estrema. “Ti senti un po’ in un limbo – racconta Edoardo, 20 anni –. Non sei più quello di prima, ma
nemmeno sai chi diventerai. La sitcom ci ha aiutati a stare in questa
confusione, senza farci travolgere. Il Progetto Giovani è stato davvero una
luce nel buio”. E Andrea, 19 anni, che dice: “Abbiamo preso un granchio. Ma ci
abbiamo trovato una storia da raccontare”. È bella la testimonianza di Mattia, 16 anni: “Questo modo di
lavorare nel Progetto Giovani, tutti insieme, noi e gli adulti, è assolutamente
grandioso. I dottori ascoltano le idee e le richieste di ciascuno. Siamo
coinvolti in prima persona nella progettazione delle cose che ci riguardano”. UNA SECONDA STAGIONE… E UN SOGNO Il successo della sitcom sulla piattaforma Infinity di Mediaset ha già
portato a nuove idee: è in lavorazione la seconda stagione, con nuovi
personaggi, nuove trame, nuovi stili narrativi. E c’è chi sussurra che la serie
potrebbe persino essere selezionata da un festival nazionale del cinema o della
tv. Ma a colpire davvero, più dei numeri, è l’umanità di questi ragazzi. La
loro capacità di trasformare la vulnerabilità in voce, il dolore in energia
creativa, la malattia in scena. E di ricordarci – come ha detto uno di loro
durante le prove – che “a volte, per guarire, serve anche una risata giusta al
momento giusto”. |