LECCO
| PALAZZO DELLE PAURE 14
GIUGNO – 2 NOVEMBRE 2025 ANTONIO LIGABUE E L’ARTE DEGLI OUTSIDER La
mostra indaga il rapporto tra arte e follia attraverso 14 opere di Antonio
Ligabue e una selezione di una quarantina di lavori di autori italiani quali
Filippo de Pisis, Gino Sandri, Carlo Zinelli, Pietro Ghizzardi e altri. A
cura di Simona Bartolena Una indagine sul complesso rapporto
tra arte e follia; uno sguardo approfondito sulle vicende personali e sulla
produzione di autori che hanno scritto pagine importanti della storia dell’arte
italiana del Novecento, la cui formazione sviluppatasi nell’alveo di studi
tradizionali, si è indirizzata verso esiti altri, dopo aver vissuto una
esperienza manicomiale che li ha segnati profondamente e sulla ricerca di
autori che proprio in un ospedale psichiatrico hanno scoperto il potere
dell’arte e il proprio talento. Questo è il filo rosso che guida la mostra, in
programma nelle sale del Palazzo delle Paure a Lecco, dal 14 giugno al 2
novembre 2025. L’esposizione, dal titolo Antonio Ligabue
e l’arte degli Outsider, curata da Simona
Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi cultural e Ponte43, in collaborazione
con il Comune di Lecco e il Sistema Museale Urbano Lecchese, propone 14
opere di Antonio Ligabue e una quarantina di dipinti e disegni realizzati da
maestri quali Filippo de Pisis, Rino Ferrari, Edoardo Fraquelli, Pietro
Ghizzardi, Mario Puccini, Gino Sandri, Carlo Zinelli, ovvero
autori che hanno seguito un iter di studi accademico e hanno rivestito un ruolo
di primo piano nel panorama artistico italiano, ma che hanno trascorso un
periodo di ricovero in strutture di cura psichiatrica, a causa di profondi
disagi psichici o hanno incontrato l’arte proprio durante la reclusione in
manicomio. Il percorso si apre e ruota attorno
alla figura di Antonio Ligabue, “Toni al matt”, come solevano spesso
definirlo gli abitanti della Bassa padana, regione dove trascorse buona parte
della sua vita, e di cui si celebrano i sessant’anni dalla scomparsa, avvenuta
a Gualtieri (RE) il 27 maggio 1965. La difficile e tormentata vita di
Ligabue, nato a Zurigo nel 1899 e trasferitosi ventenne in Italia, a Gualtieri,
è segnata da ostilità e incomprensioni, da ricoveri all’Istituto Psichiatrico
San Lazzaro di Reggio Emilia e al Ricovero di mendicità di Gualtieri, ma è
tutta dedicata, fino alla morte, alla pittura e alla scultura. A Lecco sono proposti alcuni dei suoi
maggiori capolavori che documentano i suoi motivi più ricorrenti, dalle belve
feroci (Giaguaro
con gazzella e serpente, 1948, coll. priv.; Leonessa con
zebra, 1959-1960, Collezione BPER Banca; Volpe in fuga,
1957-1958, coll. priv.), ai paesaggi rurali padani (Ritorno dai campi con castello,
1955-1957, Collezione BPER Banca) dai lavori nei campi (Contadino con cavallo
al traino, 1955-1956, coll. priv.; Aratura coi buoi, 1953-54, Collezione
BPER Banca) agli autoritratti (Autoritratto con grata, 1957, coll.
priv.), oltre a due opere inedite, provenienti da collezione privata: Autoritratto
con libellula e Pascolo. Questa selezione sottolinea il grande
valore di Ligabue nell’ambito dell’arte italiana ed europea, al di là della
fuorviante definizione di naïf che l’ha troppo a lungo
accompagnato e ne ha mortificato la comprensione, e lo collocherà tra gli
esponenti più significativi di quel filone “primitivo” ed espressionista. Un’altra personalità di ampio profilo
attorno cui si sviluppa il percorso espositivo lecchese è Filippo de
Pisis (1896-1956), pittore, ma ancor prima poeta, dotato di
spiccata sensibilità. La sua cifra stilistica s’iscrive inizialmente
nell’ambito della Metafisica, dopo l’incontro con Giorgio de Chirico e il
fratello Alberto Savinio, caratterizzata da una pittura elegante, di tocco, ma
in cui traspare una vena struggente, un affanno latente, che trapela
dall’apparente leggerezza dell’insieme. Dopo i periodi felici trascorsi a
Parigi e Londra, de Pisis rientra in Italia; qui, un male sottile, strisciante,
incalcolabile, s’impossessa del suo corpo e della sua mente. La sua
straordinaria sensibilità si trasforma in un profondo mal di vivere,
un’inquietudine incontrollabile. Per cercare una cura alla sua malattia, entra
a Villa Fiorita a Brugherio, una struttura specializzata nella Brianza monzese.
A
Lecco, vengono proposte alcune struggenti Nature morte e uno scorcio
di Brugherio (da collezione privata) realizzati in questo periodo,
veri e propri capolavori del dolore, in cui risulta evidente la traccia del
disagio di cui è vittima, composti da pochi tocchi, da pennellate di colore
puro, dai contorni neri a linea continua, ombre scure, su una tela lasciata in
gran parte scoperta, in cui si respira un disperato senso di vuoto. La mostra prosegue con le creazioni di
altri outsider.
Tra questi, spicca il livornese Mario Puccini (1869-1920), vero e
proprio caso nella pittura toscana tra i due secoli. Isolato, affetto da
difficili patologie comportamentali, autonomo nella ricerca pittorica, fu
definito dal critico Emilio Cecchi, suo estimatore, “un Van Gogh involontario”. Considerato folle, nel 1894 viene
rinchiuso nell’Ospedale psichiatrico San Nicolò di Siena, struttura da cui uscì
quattro anni dopo. Puccini riprese a dipingere come un uomo nuovo, come se gli
anni di reclusione lo avessero convinto della propria vocazione all’arte. Una
volta fuori dalle mura dell’Ospedale, egli si interesserà in via esclusiva ai
suoi dipinti, caratterizzati da una certa ripetitività nei temi (le marine e le
ambientazioni di Livorno) ma animata da una cifra stilistica personale, unica,
potentemente emozionale, in cui il colore è il vero protagonista. Anche quella di Gino Sandri (1892-1959),
finissimo intellettuale, scrittore straordinario e disegnatore e pittore dalla
mano felicissima, è un’esistenza segnata dalla permanenza in manicomio.
Promettente artista, molto apprezzato come illustratore, nel 1924 Sandri viene
inquisito e rinchiuso in una casa di cura a Roma con l’accusa di essere un
soggetto pericoloso, a seguito di non precisati crimini di “natura politica”.
Rilasciato e rientrato a Milano nel febbraio del 1926, riprende la propria
attività artistica, ma dopo pochi mesi è di nuovo internato in una clinica a
Turro e poi ad Affori, per poi passare, dopo la morte della madre, due anni
nell’ospedale psichiatrico di Mombello a Limbiate (MB). Una volta dimesso, si
trasferisce a Ceriano Laghetto, ma il suo equilibrio psichico è ormai
compromesso e sovente egli rientra in manicomio. Completamente solo, lascia
alle tante pagine scritte e ai fogli su cui traccia i volti di chi lo circonda
la propria testimonianza di vita. I suoi disegni degli ospiti del
manicomio – molti dei quali si possono ammirare a Palazzo delle Paure -
tratteggiano, con il segno sicuro di un artista completo e talentuoso, i
caratteri di un’umanità varia, ai margini della società, ma sempre poetica. Di
altissima qualità dal punto di vista stilistico, le grafiche di Sandri hanno la
capacità di emozionare, narrando persone reali, descritte in tutta la loro
complessità. I ritratti degli internati nel
manicomio di Mombello furono anche il soggetto privilegiato di Rino Ferrari,
entrato in clinica psichiatrica a seguito dell’esperienza traumatica vissuta
durante il massacro di Cefalonia. Incoraggiato dal medico, Ferrari inizia a
disegnare. L’artista passava ore con i moribondi, cercando di cogliere, come
nelle opere della serie Agonia, il momento di
passaggio tra la vita e la morte. Anche Carlo Zinelli (1916-1974),
uno degli autori più noti del panorama della creatività nata tra le mura di un
manicomio, trova nell’arte uno straordinario strumento di comunicazione. Grazie
alla vicinanza e al conforto dello psichiatra Vittorino Andreoli, Zinelli
produrrà opere dalla cifra stilistica inconfondibile, riconosciute oggi come
una delle espressioni più interessanti dell’Art Brut. I suoi lavori raccontano una cultura
figurativa destabilizzante, con riferimenti inconsapevoli all’iconografia
egizia, ai manufatti aborigeni, alle maschere e agli idoli di alcune
popolazioni africane e accenti primitivisti. La rassegna si completa con due
affondi su Pietro Ghizzardi (1906-1986) ed Edoardo
Fraquelli (1933-1995). Il primo, figlio della grande pianura
attraversata dal Po, è spesso accostato ad Antonio Ligabue. Ma la sua pittura
non racconta la vita nei campi, i paesaggi della Bassa, le ambientazioni
esotiche popolate da belve feroci, quanto ritrae le belle donne del paese con
uno stile che rivela inaspettati accenti primitivisti e con una tavolozza dalle
infinite gamme dei grigi. Il secondo, nato a Tremezzo sul lago
di Como, muove i suoi primi passi nell’ambito dell’Informale, con accenni più
vicini al naturalismo morlottiano. Fragilissimo psichicamente, Fraquelli entra
in manicomio e abbandona per qualche tempo l’arte. Sarà l’incontro due giovani
collezionisti che si innamorano della sua pittura e lo sostengono a spingerlo a
riprendere a dipingere. Le sue opere si caratterizzano per una sapienza
compositiva e un equilibrio sempre controllatissimi. Fraquelli passa da
creazioni cromaticamente vibranti e dal segno carico di tensione a lavori in
cui l’ordine e il silenzio sembrano avere la meglio. La sua ora è una pittura
di luce, di gialli vibranti e onirici rosa, l’esito quasi inevitabile di una
liberazione interiore, di una nuova consapevolezza e di una profonda speranza. Accompagna la mostra un catalogo
realizzato da Ponte43 per le edizioni ViDi cultural. ANTONIO LIGABUE E L’ARTE DEGLI OUTSIDER Lecco, Palazzo delle Paure (piazza XX
Settembre, 22) 14 giugno 2025 – 2 novembre 2025 Orari: martedì 10.00 - 14.00 da mercoledì a domenica 10.00 - 18.00 lunedì chiuso (La biglietteria chiude un’ora prima) Biglietti: Intero: € 12,00 Ridotto: € 8,00 Ridotto bambini e scuole: €5,00 Cumulativo mostra + collezione
permanente Palazzo delle Paure: €15,00 |