Una mostra significativa sulla storia dei
nostri avi è stata
inaugurata il 26 gennaio scorso al Museo Diocesano di Brescia e sarà
visitabile
fio al 15 maggio 2013, con ingresso gratuito per le scolaresche. La
mostra si
avvale dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, del
patrocino del
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e dell’Ufficio Scolastico
Regionale
della Lombardia.
Ispiratore della mostra la mummia
di un uomo di circa 40-50
anni chiamata “Otzi”, trovata casualmente
il 19 settembre 1991 da due escursionisti di Norimberga,
Erika e Helmut
Simon a 3120 m. d’altitudine ai margini del ghiacciaio Niederjoch –
Similaun ,
i cui ghiacci si sono stanno sciogliendo come su tutto l’arco alpino. Il nome
“Otzi” deriva dalla valle di Otz confinante tra l’Alto
Adige e
l’Austria. Dopo diverse dispute con gli austriaci per l’appropriazione
della mummia,
da alcuni anni essa giace in un teca glaciale appositamente costruita
presso il
Museo Archeologico di Bolzano a -6 gradi Celsius e al 98% di umidità.
La mummia
data 5300 anni fa – 3.330 a.C. - si è presto dimostrata una fonte di
notizie
del passato, non ultimo che la sua morte fu causata da una freccia che
gli
trafisse di spalle il torace e gli tranciò l’arteria succlavia. Dopo aver mangiato abbondante carne e verdure,
si mise in cammino risalendo la valle di Otz o fuggiva da qualcuno che
lo
raggiunse e ucciso. Siamo di fronte a un vero omicidio preistorico.
Analizzando la mummia, gli scienziati hanno
scoperto un vero
spaccato di vita dell’età del Rame che si
pone tra la fine dell’età della
Pietra (tardo Neolitico) e l’età dei metalli (età del Bronzo), dal 3400
al 2000
a.C. Il vestiario e il corredo di Otzi, è consono alla modernità di
quei tempi
preistorici, testimoniata da ritrovamenti simili in altre zone d’Italia
e
d’Europa. Otzi portava un’ascia in rame, indice che questo metallo
veniva
lavorato nel sud Europa almeno 5300 anni fa. La sua ascia è del tutto
simile a
quella trovata nella tomba della necropoli di Remedello Sotto, Brescia.
I
vestiti invernali erano fatti di pelle d’orso e capretto, scarpe in
pelle
d’orso imbottite di fieno per non disperdere il calore dei piedi.
Portava anche
un ombrello in graticcio. Otzi era allergico al latte e derivati, le
zecche lo
tormentavano e gli avevano trasmesso la birellosi, la dentatura era
colpita da
paradentosi, aveva l’aterosclerosi e artrosi alla colonna vertebrale e
al
ginocchio. Un uomo forte, di bell’aspetto ma non in forma perfetta. La
sua
pelle è incisa di una cinquantina di tatuaggi, sulla schiena e diverse
parti
del corpo, sulla articolazioni in prossimità delle giunture, forse
avevano
funzioni terapeutiche. La sua arma,
l’ascia, è composta da una lama in rame collegata al manico di legno di
tasso
con pece e legacci, il pugnale è composto da una selce tagliente
inserita
nell’impugnatura di frassino, la sua custodia è una fodera di legno. Un
corredo
di difesa del tutto simile e coevo e quelli rinvenuti nei siti
archeologici del
bresciano. Da queste similitudini i ricercatori che hanno allestito la
mostra
si sono posti il suggestivo interrogativo sulle origini dell’uomo Otzi o per lo meno sull’origine dei materiali
di cui era equipaggiato. Che Otzi fosse bresciano, che provenisse da
queste
terre ora di Lombardia o che avesse iniziato il suo viaggio proprio
dall’alta
valle del Chiese e, risalendo il corso d’acqua sia giunto alle aree
alte in cui
trovò la morte.
Il nostro uomo si muoveva quindi in un ambiente
ricco non
solo di prodotti agrosilvopastorali, ma anche tecnologici. Il possesso
del
metallo doveva essere considerato indice di appartenenza ad alto
livello
sociale. Nelle campagne si allevano bovini e ovini, non solo per la
carne ma
per latte e lana, per la trazione dell’aratro o del carro. Il bue viene
addomesticato e aggiogato all’aratro. Nell’età del Rame nascono la
metallurgia,
l’aratro, la ruota e il carro a quattro ruote, le statue-stele e le
statue-menhir, composizioni monumentali dell’arte rupestre che si
trovano in
Valcomonica. Emerge la figura del guerriero correlata alla formazione
di
differenze sociali e ruoli di potere.
Le nuove tecniche minerarie vanno
dall’estrazione del
minerale (ma nelle montagne bresciane non ci sono siti archeologici
minerari
riferibili alle estrazioni preistoriche del rame) e dalla riduzione del
metallo
fino alla produzione di manufatti (armi, attrezzi da lavoro, ornamenti)
mediante fusione e colata in stampi. L’isola di Cipro, nel
Mediterraneo, era il
centro massimo di produzione del rame. Qui fiorirono le prime
città-stato
dell’umanità, le cui rovine archeologiche come quelle della città di Pafos si affacciano sul mare con i loro porti
antichi dai quali partivano e giungevano navi con merci di scambio
provenienti
dal mondo allora conosciuto, l’Europa e l’Africa.
Scrivono i curatori della mostra:
“Dal punto di vista
cronologico l’età del Rame in Italia come in gran parte dell’Europa
centrale e
occidentale si sviluppa tra il 3400 e il 2200 a.C. E’ con ogni
probabilità nel
corso dell’età del Rame che si verificò il processo di indo
europeizzazione
della maggior parte del continente europeo, anche se è molto difficile
stabilirne le precise modalità. Fu un’età di intense dinamiche
culturali, come
appare dalla formazione di estese aree culturali, quali ad esempio
quella della
ceramica decorata a cordicella, dalla Russia ai Paesi Bassi e
all’altopiano
elvetico, o quella del bicchiere campaniforme esteso dalla penisola
iberica
fino alle isole britanniche e all’Europa centrale, compreso l’Italia.
In
provincia di Brescia la cultura di Remedello denota contatti con la
cultura
della ceramica a cordicella dell’Europa centrale attraverso la presenza
di uno
spillone con testa a T in argento,
mentre le sepoltura di Ca’ di Marco e di Santa Cristina di Fiesse
attestano
l’arrivo nella pianura padana delle genti del Vaso Campaniforme.
La mostra è di facile lettura essendo
suddivisa in 7
sezioni, ecco i titoli:
sez. I – trasformazioni e innovazioni
dell’età del Rame in
Europa; sez. II – alle origini della metallurgia; sez. III Le nuove
manifestazioni del sacro; sez. IV Otzi l’uomo venuto dal ghiaccio; sez.
V: la
cultura di Remedello ed altri gruppi culturali; sez. VI: il periodo
campaniforme; sez. VII – dall’età del Rame all’età del Bronzo.
Grande
attenzione è stata data alla didattica con ingresso gratuito per le
scuole,
visite guidate e laboratori interattivi sul sito www.etadelrame.it.
E’ stato pubblicato anche un volume di 560
pagine che indaga
e da risposte sull’età del Rame, su Otzi e sulla cultura di Remedello.
Informazioni e prenotazioni: Museo Diocesano
tel. 030-40233,
fax 030-3751064, segreteria.etadelrame@gmail.com