Situazione temperature, acqua, ghiacciai. Massimiliano
Fazzini (climatologo – geologo e
Coordinatore del Team sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia
Ambientale): " Sino a 39°C nella capitanata pugliese e nella Sardegna
sud-orientale. Valori che stanno già determinando notevoli criticità, sia
relativamente all’ambiente fisico sia relativamente alle problematiche
biometeorologiche. Sembrerebbe molto elevata la probabilità che l’anticiclone
subtropicale di matrice continentale, più semplicemente detto africano, possa
persistere per alcuni giorni. Potrebbe esserci minore disponibilità idrica dai
ghiacciai nei prossimi mesi. Allo stato attuale si possono comunque fare le
prime evidenti considerazioni. In primis, l’innalzamento della quota dello
zero termico in libera atmosfera, attualmente posizionata intorno ai 4700 metri
e prevista tra sabato e domenica a circa 5100 m., sta determinando una rapida
fusione (non scioglimento) del manto nevoso stagionale, sino a pochi giorni fa
presente in maniera abbondante sulla catena alpina. La conseguenza più
significativa sta nella minore disponibilità di neve stoccata che non potrà
essere disponibile nel bimestre luglio-agosto, generalmente il più caldo
dell’anno, quando la richiesta idrica risulta essere maggiore". "L’estate
meteorologica è iniziata da quasi un mese, quella astronomica da pochi giorni e
ci si trova di fronte a temperature decisamente elevate su tutto il territorio
nazionale. I valori massimi delle ultime ore – sino a 39°C nella capitanata
pugliese e nella Sardegna sud-orientale - associati al palese comportamento
irregolare delle precipitazioni – sia nello spazio, sia nel tempo – stanno già
determinando notevoli criticità, sia relativamente all’ambiente fisico sia
relativamente alle problematiche bio meteo rologiche. E,
previsioni alla mano, sembrerebbe molto elevata la probabilità che
l’anticiclone subtropicale di matrice continentale, più semplicemente detto
africano, possa persistere per alcuni giorni, evidenziando una blanda flessione
al Nord e sulle regioni orientali solamente tra venerdì e sabato". Lo
ha affermato Massimiliano Fazzini, geologo e climatologo, Responsabile del Team
sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale. "Facciamo
però un piccolo passo indietro per meglio far comprendere al cittadino alcuni
concetti fondamentali. Precisiamo intanto che le temperature decisamente
elevate prima evidenziate sono tali relativamente alla terza decade di giugno.
Ma sono “adeguate” per definire quantitativamente un’ ondata di calore? In realtà
ci sono due tipi di approccio per definire un'ondata di calore, il primo di
tipo epidemiologico, il secondo facendo riferimento alla climatologia classica. L'approccio
epidemiologico si basa sugli effetti che temperature elevate (o
percepite tali) hanno avuto in un certo luogo sulla salute umana. L’
approccio climatologico, è nato recentemente, anche in seguito
all'esigenza di uniformare a livello globale il concetto di "evento
estremo" per poter confrontare i risultati emersi negli studi climatici
relativi agli eventi meteorologici estremi nei diversi paesi. È così
che la WMO ha definito l’"ondata di calore". In Italia vige il
principio che un ondata di calore è definibile quando si verifica un periodo
di 3-6 giorni consecutivi - ondata di calore di breve durata - o almeno 7 giorni
consecutivi - ondata di calore di lunga durata - con temperatura media
giornaliera superiore di almeno una deviazione standard calcolata
sull’attuale trentennio di riferimento 1991-2020 rispetto alla temperatura
media giornaliera “normale”. In soldoni, mediamente, almeno in pianura,
tale soglia è quantificabile in circa 32,5°C. Se non si verificano tali
condizioni, allora non si può parlare di ondata di calore, per cui risulta
elementare comprendere che la definizione corretta di tale avvenimento si può
verificare solamente al termine di tale periodo. La previsione di ondata di
calore rimane dunque previsione e mai certezza durante l’evento potenzialmente
tale". Situazione
ghiacciai.Tra Sabato e Domenica, innalzamento della quota dello zero termico a
5100 metri. "Allo
stato attuale si possono comunque fare le prime evidenti considerazioni. In
primis, l’innalzamento della quota dello zero termico in libera atmosfera,
attualmente posizionata intorno ai 4700 metri e prevista tra sabato e domenica
a circa 5100 m., sta determinando una rapida fusione (non scioglimento) del
manto nevoso stagionale, sino a pochi giorni fa presente in maniera abbondante
sulla catena alpina. La conseguenza più significativa sta nella minore
disponibilità di neve stoccata che non potrà essere disponibile nel bimestre
luglio-agosto, generalmente il più caldo dell’anno, quando la richiesta idrica
risulta essere maggiore. Di seguito, gli apparati glaciali inizieranno ben
presto a soffrire tale mancanza di innevamento, cosi che il ghiaccio fossile
andrà incontro anch’esso ad una rapida fusione, con le conseguenze che
osserviamo in maniera perentoria e drammatica a partire dall’inizio del XXI
secolo. A tal proposito, numerosi studi pubblicati su riviste scientifiche
evidenziano come il pur significativo innevamento primaverile osservato negli
ultimi anni sia poco significativo sulla salute dei ghiacciai, essendo questa
neve non sufficientemente “trasformata” per resistere alle alte temperature che
si stanno verificando in questi giorni. Anche il residuo permafrost
interstiziale - che funge da “collante” all’interno della “rocce” che
compongono le vette più elevate del sistema alpino, risulta essere sempre meno
esteso e le conseguenze sul paesaggio – e sull’associato rischio in montagna – sono
già visibili da oltre un mese, con l’attivazione di “frane complesse” di
ghiaccio, roccia e detrito e frane di crollo. Qualora tale fase estremamente
calda e asciutta dovesse estendersi per oltre una settimana, inizierebbero ad
essere evidenti problematiche di scarsità di acqua, intese come quantità
stoccata nelle falde acquifere o negli invasi esistenti – con conseguenze
critiche per gli svariati comparti produttivi e per la popolazione. - Occorre a
tal proposito rammentare che quando ci si trova di fronte a lunghi periodi
siccitosi - ha concluso Fazzini - non solo la quantità di acqua
diminuisce ma la qualità si essa precipita, con ovvi rischi per la salute
dell’animale o del cittadino che la utilizza. Ovviamente, le aree
climaticamente più penalizzate da scarse precipitazioni - in particolare quelle
delle regioni meridionali ed insulari Parallelamente
a tali problematiche, c’è il problema bioclimatico; con l’aumento dell’età
media della popolazione, i problemi di morbilità aumentano in maniera
esponenziale e spesso i pronti soccorsi dei nosocomi vanno in difficoltà, in
relazione soprattutto alla durata dell’onda di calore e all’eventuale
persistenza di notti tropicali – nelle quali la temperatura non scende al di
sotto del 20°C. Dunque il
discorso climatologico applicativo è molto più complesso di quanto possa
apparire nel marasma delle informazioni disponili su varie fonti disponibili in
rete e sulla carta stampata e solamente ricorrendo ad un approccio scientifico super
partes rispetto ad ideologie varie, si può correttamente informare non solo
la popolazione ma anche il tecnico istituzionale piuttosto che il polito
sensibile a far si che finalmente si pianificano studi dedicati di tipo
applicativo – operativo – che permettano azioni di adattamento di vario genere
e magnitudo - che abbiano finalmente un unico obiettivo: la mitigazione del
rischio climatico s.l. che ci si trovi di fronte a qualsiasi evento
meteoclimatico estremo (come da statistica)– palese evidenza del comprovato
cambiamento climatico in atto". |