Studiate le ‘soglie critiche’ nei cambiamenti
climatici globali L’analisi approfondita dei dati climatici degli ultimi 66 milioni
di anni ha permesso di comprendere meglio il ruolo delle soglie critiche
(“tipping points”) nei cambiamenti globali e migliorare le previsioni sul
futuro del clima Lo studio dei tipping points climatici, vale a dire delle “soglie critiche” oltre le quali il
sistema climatico subisce cambiamenti irreversibili come il collasso
delle calotte glaciali o il rallentamento della circolazione oceanica globale,
ha evidenziato come il nostro
attuale periodo climatico mostri caratteristiche distintive e peculiari
rispetto alle epoche climatiche passate.
È quanto emerge da
una ricerca condotta dall’Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con altri Enti di Ricerca e
Università internazionali, recentemente pubblicata sulla rivista ‘Scientific
Reports’.
Nel corso della storia geologica, il nostro pianeta ha
attraversato fasi climatiche molto diverse: dai periodi “Hothouse” e “Warmhouse”,
in cui le temperature erano elevate e non esistevano calotte polari, ai periodi
“Icehouse”, come quello attuale, in cui la presenza di ghiacci ai poli
regola il clima globale. I risultati dello
studio a guida INGV, ottenuti grazie a innovativi e avanzati strumenti matematici di analisi della
variabilità climatica in grado di individuare segnali precursori di transizioni critiche,
offrono nuove prospettive sulla stabilità del
clima terrestre e sul rischio di transizioni irreversibili, strettamente
legate al cambiamento climatico in atto.
“Il nostro lavoro mostra che i tipping points climatici non si
manifestano con le stesse dinamiche nei diversi periodi geologici della Terra.
In particolare, l’attuale periodo Icehouse, caratterizzato da cicli
glaciali-interglaciali, presenta caratteristiche distintive rispetto alle
epoche passate, con implicazioni cruciali per la comprensione della stabilità
climatica e del cambiamento in atto”, spiega Tommaso
Alberti, ricercatore dell’INGV e primo autore dell’articolo. “L’Icehouse attuale è particolarmente sensibile a piccole
perturbazioni, un aspetto che lo rende più vulnerabile ai cambiamenti climatici
indotti dall’uomo. Le metriche utilizzate hanno mostrato che l’avvicinarsi ai
tipping points è accompagnato da un aumento della persistenza e dell’intensità
di eventi estremi, con implicazioni per il futuro del clima terrestre”, continua Alberti. Le analisi condotte nella ricerca hanno permesso di distinguere
tra cambiamenti graduali e bruschi nel sistema climatico, evidenziando come,
nell’attuale fase Icehouse, le fluttuazioni climatiche siano più
frequenti e caratterizzate da una maggiore variabilità rispetto a epoche più
calde. “I risultati ottenuti suggeriscono che la nostra epoca è caratterizzata
da un comportamento più ‘intermittente’ rispetto ai periodi caldi del passato,
con transizioni più rapide tra stati climatici diversi”, aggiunge Fabio Florindo, Presidente dell’INGV e co-autore
dello studio. “Questa variabilità rende ancora più difficile prevedere con
precisione l’evoluzione del nostro clima e impone un’attenzione particolare
nello studio dei tipping points”. Lo studio dei diversi tipping points climatici evidenzia
come il loro comportamento dipenda dalla struttura climatica di fondo e dalla
dinamica interna del sistema: comprendere queste differenze è essenziale per
migliorare le previsioni climatiche e individuare le soglie oltre le quali il
cambiamento climatico potrebbe diventare irreversibile. |