Tumore del pancreas: Un approccio condiviso che guarda al futuro della cura:
diagnosi più precoci, trattamenti personalizzati e migliore qualità di vita Milano, 19 novembre 2025 - In occasione della Giornata Mondiale del
Tumore al Pancreas (20/11), la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori
di Milano (INT) si posiziona con la sua Pancreas Unit tra le realtà più attive
nel contrastare una delle neoplasie più complesse. La ricerca clinica,
l’esperienza operativa e il riferimento territoriale come garanzia di
eccellenza al servizio del paziente. “È importante ricordare – sottolinea Vincenzo Mazzaferro, Coordinatore della Pancreas
Unit di INT – che ogni procedura
eseguita su pazienti portatori di tumore del pancreas è a rischio e che la
riduzione di tale rischio dipende sia dalle caratteristiche dei pazienti, che
da quelle del tumore, nonché dal Centro di cura a cui ci si affida. Per questo
motivo la Regione Lombardia si è fatta capofila nel creare un numero limitato
di Pancreas Unit sul territorio, dove le varie terapie oggi disponibili di tipo
farmacologico, interventistico, chirurgico, endoscopico, radioterapico e di
supporto possano esser erogate al meglio, in ambiti dove siano garantiti
sufficienti volumi di lavoro e adeguata esperienza degli operatori. Alla
componente clinica di cura dei pazienti affetti da questo tumore, la Pancreas
Unit di INT affianca inoltre linee di ricerca innovative che molto puntano
sull’affinamento delle capacità di prevedere l’evoluzione dei vari stadi in cui
il tumore si presenta e modificandole con terapie convenzionali o
sperimentali”. INTELLIGENZA ARTIFICIALE E GENETICA “Il tumore del pancreas resta la
neoplasia a prognosi più severa tra i tumori gastrointestinali”, spiega Filippo
Pietrantonio, Direttore della S.C. di Oncologia
Gastrointestinale. “Per anni la chemioterapia è
stata l’unica opzione terapeutica, ma oggi la ricerca sta aprendo nuove strade:
l’intelligenza artificiale e la genetica ci stanno consentendo di sviluppare
farmaci mirati contro mutazioni specifiche del gene RAS, responsabile di oltre
il 90% dei casi. I risultati preliminari delle sperimentazioni in corso sono
incoraggianti, ma è importante mantenere prudenza e rigore scientifico: solo i
dati delle prossime fasi cliniche ci diranno se siamo davvero di fronte a un
cambio di paradigma”. IL RUOLO CRUCIALE DELLA CHIRURGIA
E DELLA RICERCA SUL TUMORE RIMOSSO “I pazienti operabili sono quelli
a miglior prognosi, ma non è quasi mai la sola chirurgia di asportazione del
tumore, spesso complessa, a permettere la guarigione – sottolinea Vincenzo Mazzaferro, Direttore della S.C. di
Chirurgia Oncologica 1 – in una ricerca recente,
sviluppata con numerose Strutture cliniche e sperimentali dell’Istituto Tumori,
stiamo osservando come la ri-programmazione dell’immunità locale influenzi
positivamente il controllo di questa neoplasia e come lo sviluppo di modelli di
laboratorio direttamente allestiti con le cellule di malattia rimosse dai
pazienti possano permettere la creazione di aggregati tumorali coltivati in
laboratorio su cui verificare l’efficacia di terapie potenzialmente applicabili
poi nei pazienti. Condizioni di questo tipo aprono a un lavoro medico
totalmente nuovo, con capacità previsionali impensabili nel passato, che
crediamo possano produrre presto i primi risultati tangibili sui pazienti”. RICERCA, ASSISTENZA E RETE: UN
FRONTE COMUNE Oltre all’area clinica e di
ricerca, l’Istituto Nazionale dei Tumori investe risorse nella formazione,
nella gestione dei dati clinici e nella creazione di reti di ricerca, con data
managers e biostatistici dedicati alla massima integrazione di ogni aspetto
riguardante le persone affette dal tumore del pancreas. La Pancreas Unit di INT
è formata da chirurghi, oncologi, endoscopisti, radioterapisti, nutrizionisti,
patologi, immunologi, ricercatori e palliativisti che lavorano in stretta
sinergia e in costante dialogo con l’Associazione fondata da ex-pazienti di INT
e da loro famigliari (Prometeo ODV), per garantire informazione corretta,
continuità assistenziale e copertura dei bisogni sociali lungo tutto il
percorso di cura. “La speranza nasce dal lavoro di squadra”,
conclude Filippo Pietrantonio. “Solo grazie alla integrazione tra ricerca e assistenza possiamo
trasformare una malattia oggi difficile da curare in una sfida progressivamente
più affrontabile”. |