World Diabetes Day: lo
sport fondamentale contro il diabete, lo praticano quasi 4 persone su 10 Roma, 14
novembre 2025 – Oggi, in tutto il mondo, si celebra la Giornata Mondiale del
Diabete e si rinnova anche quest’anno l’impegno di FeSDI, che riunisce
le società scientifiche di diabetologia, SID e AMD, e Intergruppo
parlamentare Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, insieme
a Sport e Salute, riunite in un Convegno presso il Circolo del Tennis
del Foro Italico centrato sul ruolo dello sport come alleato nel contrasto a
questa malattia e, in generale, alle cronicità. Un evento preceduto
dall’illuminazione blu, colore ufficiale della Giornata, di alcuni dei luoghi
simbolo della Capitale, nella notte fra il 13 e 14 novembre, e che si inserisce
e chiude le iniziative promosse quest’anno in Italia in occasione della
Giornata Mondiale. Un impegno
comune, quello che vede fare squadra Istituzioni, società scientifiche, persone
con diabete e mondo dello sport. Il risultato da raggiungere è ambizioso:
contrastare una malattia in continua crescita che, secondo dati
dell’International Diabetes Federation, entro il 2045 riguarderà globalmente 1
adulto su 8, e che in Italia interessa oltre 4 milioni di persone, ma
sembra destinata a estendersi fino al 10 per cento della popolazione entro il
2040. Imprescindibile
per contrastare questi numeri il ruolo dello sport e dell’attività fisica. Le
sane abitudini di vita rappresentano un baluardo fondamentale nella prevenzione
e nel contrasto al diabete. È necessario continuare a promuoverle e
diffonderle, ribadendo con forza questo messaggio e realizzando iniziative in
linea con il “Manifesto dei diritti della persona con diabete e dei doveri
dell’individuo e della comunità”, nonché con il protocollo d’intesa per la
promozione di sani stili di vita e la sensibilizzazione sulla prevenzione del
diabete e dell’obesità nelle città, firmato da Sport e Salute SpA., FeSDI e dai
rappresentanti degli Intergruppi Parlamentari “Obesità, diabete e malattie
croniche non trasmissibili” e “Qualità di vita nelle città”. In
occasione dell’evento promosso da FeSDI nella tavola rotonda promossa
dall’Osservatorio Permanente sullo sport, l’esercizio fisico e l’attività
motoria della Fondazione SportCity, vengono presentatati i dati Istat sulla
pratica sportiva in Italia. Emerge uno scenario con luci ed ombre. Sono
21,5 milioni le persone che hanno praticato sport nel 2024 in Italia, pari
al 37,5 per cento della popolazione dai 3 anni in su. Di questi il
28,7 per cento pratica sport con continuità, l’8,7 per cento
saltuariamente. Il 43,4 per cento degli uomini pratica sport contro il 31,8 per
cento delle donne, con un gap di genere che era pari a quasi 17 punti nel
1995 e scende a 11,6 punti nel 2024. Rispetto all’età, la massima diffusione
della pratica sportiva è tra gli 11-14 anni, ovvero il 75,6 per cento (66,7 per
cento continuativa), l’adesione è buona fino ai 24 anni, poi c’è un calo
progressivo. In crescita lo sport negli anziani: fra i 65-74 anni gli
sportivi sono il 23,3 per cento (5,3 per cento nel 1995), tra le persone con 75
o più anni il dato è del’8,1 per cento (1,4 per cento nel 1995). Rispetto al
territorio, più sport si registra al Nord-est (43,9 per cento), poi Nord-ovest
(41,7 per cento) e Centro (41,5 per cento), mentre Sud e Isole restano più
indietro (27,9 per cento). Le città metropolitane risultano più attive
(42,7 per cento), meno sport nei piccoli comuni (29,7 per cento). Il titolo
di studio è discriminante: solo il 6,1 per cento con licenza elementare e
il 17,3 per cento con licenza media fa sport, contro il 55 per cento dei
laureati. Le
differenze socioculturali influenzano la pratica sportiva in tutte le fasce
d’età. Con l’aumentare dell’età, infatti, la pratica sportiva tende a diminuire
per tutti, ma le disuguaglianze restano. Le motivazioni principali che spingono
a praticare sport sono il desiderio di mantenersi in forma (61,5 per cento), la
passione o il piacere personale (49,8 per cento), lo svago (42,6 per cento) e
la riduzione dello stress (27,5 per cento). «In Italia
il 62,5 per cento della popolazione non pratica sport — spiega la Dott.ssa
Emanuela Bologna dell’Istat —. All’interno di questo gruppo, quasi un terzo
(29,7 per cento) svolge regolarmente qualche forma di attività fisica,
soprattutto le donne, i bambini fino a 5 anni e le persone oltre i 64 anni,
mentre il 32,8 per cento è completamente sedentario. Inoltre, quasi 4 su 10 non
hanno mai praticato sport nella vita (37,1 per cento), più donne che uomini
(44,7 vs 29,1 per cento). Nel Mezzogiorno quasi 1 persona su 2 è sedentaria e
meno di 1 su 4 pratica attività fisica. I livelli più alti di sedentarietà si
registrano nei piccoli comuni fino a 2.000 abitanti (quasi 4 persone su 10). Le
principali motivazioni di chi non pratica sport nel nostro Paese sono mancanza
di tempo (35,1 per cento), mancanza di interesse (31,2 per cento), età (21,3
per cento), salute/disabilità (15,3 per cento), stanchezza/pigrizia (12,3 per
cento), motivi economici (7,6 per cento)». Da qui
l’importanza della promozione dello sport come parte integrante delle sane
abitudini di vita nel contrasto al diabete e l’alleanza che oggi si rinnova fra
istituzioni e mondo della scienza. «Il diabete
comporta gravi ripercussioni sulla qualità della vita di chi ne è affetto, e
dei suoi famigliari, oltre che un impatto importante sull’economia del Paese,
con costi diretti e indiretti legati alla perdita di produttività – dichiara l’On.
Roberto Pella, Presidente Intergruppo Parlamentare Obesità, diabete e malattie
croniche non trasmissibili e Vicepresidente Anci. - Come Intergruppo
parlamentare siamo fortemente impegnati, oltre che nell’iniziativa legislativa,
nel mettere il tema al centro dell’agenda politica secondo un approccio
olistico e multisettoriale, volto a garantire alle persone con diabete gli
stessi diritti delle persone sane, portando avanti un’alleanza tra tutti i
soggetti coinvolti e promuovendo a tutti i livelli di governo la cultura dei
sani stili di vita, dell’attività fisica e della prevenzione». «Uno stile
di vita attivo e una sana alimentazione sono gli strumenti principali per
prevenire patologie quali il diabete e contrastare anche quella ‘sedentarietà
digitale’ che affligge soprattutto i giovani – dichiara in un videomessaggio Marco
Mezzaroma, Presidente di Sport e Salute. – Momenti come quello di oggi
dimostrano come ci sia una squadra di istituzioni e realtà varie pronta, ognuno
a suo modo, a sviluppare strategie e azioni per ‘allenare alla salute’ il
nostro Paese. Come Sport e Salute, ogni giorno, facciamo la nostra parte in
tutta Italia, sia perché è il ruolo che ci viene affidato dallo Stato, sia
perché crediamo fortemente nell’importanza sociale di questo impegno». «L’attività
fisica regolare rappresenta un pilastro nella prevenzione e nella gestione del
diabete: non solo contribuisce al miglior controllo glicemico, ma migliora il
benessere psicologico, la qualità della vita e l’inclusione sociale delle
persone che convivono con questa patologia – dichiara la Professoressa
Raffaelle Buzzetti, Presidente FeSDI e SID. - Lo sport è per tutti e
deve essere parte integrante del percorso di cura, al pari dei farmaci e delle
nuove tecnologie. Promuovere l’attività fisica significa investire in salute
pubblica e sostenibilità, perché un cittadino più attivo è anche un cittadino più
sano». «Di fronte
a dati che ci restituiscono un contesto di vita sempre più sedentario,
istituzioni, società scientifiche e mondo dello sport devono lavorare insieme,
per rendere le nostre città e i nostri luoghi di lavoro più favorevoli al
movimento quotidiano e all’inclusione – dichiara il Professor Riccardo
Candido, Presidente di Fondazione AMD. - È un cambiamento culturale
necessario, che parte dall’informazione, passa per la prevenzione e arriva fino
alla piena partecipazione delle persone con diabete alla vita sociale e
professionale, valorizzando lo sport come strumento di salute, benessere e
cittadinanza attiva per tutti». Un binomio
quello tra diabete e sport che è ancora gravato da un inaccettabile stigma. In
Italia un Regio decreto del 1932 discrimina gli atleti con diabete impedendo
loro di potersi arruolare nei corpi militari dello Stato e gareggiare nei
gruppi sportivi. Un decreto anacronistico che non tiene conto dei progressi
scientifici e dell'attuale qualità delle cure per il diabete. Lo sport è uno
dei principali strumenti di inclusione e di realizzazione del potenziale umano,
e superare questo anacronismo rappresenta una vera e propria battaglia di
civiltà. Due atleti italiani in particolare Anna Arnaudo e Giulio Gaetani sono
diventati portavoce e testimonial di questa battaglia. Loro, in qualche misura,
il diabete lo hanno già sconfitto perché non gli ha impedito di eccellere sulle
pedane e nelle piste di tutto il mondo. «Quando ho
scoperto che, per questa clausola sul diabete, non potevo accedere ai gruppi
sportivi militari, dopo una prima demoralizzazione, ho sentito che era
importante parlare di questa problematica e trovare una soluzione – dichiara Anna
Arnaudo, atleta azzurra di atletica leggera. Il rischio
è che passi un messaggio sbagliato: che la persona con diabete non possa
praticare sport. In realtà è vero il contrario: l’attività fisica è fortemente
raccomandata. Va lanciato un messaggio di speranza, affinché le persone con
diabete, anche quelle che non aspirano a diventare atleti professionisti, non
rinuncino a praticare attività sportiva». Giulio
Gaetani, atleta azzurro di scherma, nel 2002,
a poco meno di due anni, ha scoperto di essere diabetico, «Non ricordo
ovviamente della mia vita prima del diabete – dichiara - e forse proprio per
questo l'ho sempre vissuta come normalità. L’esclusione dai gruppi sportivi
militari non permette ad atleti come me e Anna di rendere del tutto
professionale la nostra attività sportiva, poiché non abbiamo uno stipendio e
un supporto fondamentale nelle scelte di selezione per le gare di maggior
rilievo». |